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Canzio Zoldi



PRESENTAZIONE

Foto che ritrae la famiglia Zoldi poche settimane prima della morte di Canzio: è stata infatti scattata nella primavera del 1944. Canzio Zoldi è l'ultimo a destra, con il panciotto e la mano in tasca.
Nasce a Novi di Modena il 24 aprile 1885 da Giuseppe e Genoeffa Bianchini, sarto, socialista. Così lo ricorda Vittorio Lugli, anch’egli novese, critico letterario, scrittore e affermato francesista in un articolo dal titolo Ritorni al paese, apparso su “Il Mondo” del 26 gennaio 1960: «Era sarto, di famiglia poverissima, con un amore straordinario della lettura, il gusto di scrivere nelle lunghe lettere». Diciannovenne, nel 1905 si trasferisce a Chambéry, nel dipartimento della Savoia in Francia. Qui, come scrivono le autorità di polizia italiane, si fa «notare nei circoli sindacalisti». In realtà non sono molte le notizie su questo periodo e su quello della prima guerra mondiale: solo nel corso di un interrogatorio avvenuto a Modena molti anni dopo, nel 1943, lo stesso Z. contesta le accuse di e-sere un disertore, per affermare invece che, pur essendo residente in Francia e riformato dal servizio militare, dopo la rotta di Caporetto si era arruolato volontario nell’Esercito italiano ed era stato mandato nel 28° fanteria di stanza a Ravenna. Ritornato a Chambéry nel 1919, viene vigilato dalla polizia francese come ‘attivo sovversivo’ e, il 17 maggio 1920, arrestato ed espulso «per il suo contegno di militante sindacalista professante idee rivoluzionarie ed internazionaliste di cui faceva violenta propaganda, contribuendo ad estendere il movimento degli scioperi». Arrivato a Novi di Modena il 22 maggio 1920, non sembra svolga particolari attività e in giugno si tra-sferisce a Torino, dove trova lavoro presso la Cooperativa sarti torinesi. In questo modo è più vicino al confine francese, e può rimanere in contatto con la famiglia: a Chambéry, infatti, si trovano la moglie Eu-genia Ravasi e il figlio Bruno, che poi troverà lavoro nelle ferrovie francesi. Nell’ottobre 1921 ottiene il permesso di ritornare a Chambéry, dove apre una sartoria in Place Saint-Léger. Sempre in Francia risiede un fratello di nome Francesco, ritenuto pure lui sovversivo. Non si hanno notizie sulla sua attività politica pubblica fino a quando non inizia a lavorare a favore della LIDU, nata nel 1927. In ogni caso, co-me ricorda un articolo apparso su “Liber-tà”, settimanale del PDA modenese, il 27 maggio 1945, Z. «fu largo di ospitalità ai profughi nostri di tutti i partiti: e nella sua modesta casa di Chambéry accoglieva Baldini, Turati, Chiesa e tanti altri illustri e umili perseguitati senza ricordare i più giovani, molti dei quali trovarono morte in terra di Spagna nella lotta contro il fascismo falangista». Il 10 marzo 1928 si costituisce la sezione della LIDU a Chambéry, mentre a novembre nasce quella della Concentrazione antifascista. Nell’agosto 1928 il Consolato lo segnala come «uno dei sovversivi più accaniti e tenaci di Chambéry non solo, ma anche di tutta questa giurisdizione consolare, e si distingue per la sua attività nell’organizzare gli aderenti e nel far opera di propaganda fra l’elemento operaio». Viene registrata la sua partecipa-zione al convegno federale della LIDU a Chambéry il 14 ottobre 1928, dove viene deciso di costituire la Federazione delle Alpi della LIDU, con sede ad Annemasse e con giurisdizione sui dipartimenti della Savoia, Alta Savoia, Ain, Giura e Svizzera Romanda. Il 20 gennaio 1929 è nominato responsabile della sezione della LIDU di Chambéry, con il compito di riorganizzarla dopo forti tensioni interne. Il 5 gennaio 1930 è segnalato quale fiduciario della Concentrazione di Parigi per la zona di Chambéry e come «socialista pericoloso capace commettere atti violenti», quindi viene disposta una «attenta vigilanza» alla frontiera e il suo fermo in caso di ritorno in Italia. Tra le attività che lo vedono protagonista e che sono motivo di tensione con gli italiani di orientamento fascista, è il tradizionale appuntamento del 2 novembre, quando delegazioni di fascisti e di antifascisti si recano al cimitero per onorare gli italiani caduti nel corso della prima guerra mondiale, ovviamente con diverse motiva-zioni. Nel 1930 promuove una scuola serale per emigrati, intitolata a Giacomo Matteotti. Ottiene il sostegno della Lega per i diritti dell’uomo francese e della municipalità di Chambéry: alla scuola risultano iscritti centoventi lavoratori, settanta dei quali frequentanti regolari. Nel 1931 è segnalata la sua partecipazione a diversi convegni della LIDU e a conferenze indette dalla Concentrazione antifascista. In agosto partecipa al V congresso generale della LIDU a Nancy, in rappresentanza di tre sezioni. La polizia italiana annota in questo periodo che Z. «ha larghe protezioni per essere membro influente della sezione di Chambéry dei diritti dell’uomo». Per il Consolato italiano di Chambéry Z. è «un acceso sovversivo e contrarissimo al fascismo e all’attuale Regime. Fa continua propaganda delle sue idee socialiste e si mantiene in corrispondenza coi capi sovversivi di questa giurisdizione Consolare e anche fuori». Il 27 ottobre 1931 ignoti collocano una bomba negli uffici del Consolato italiano di Chambéry. Da parte antifascista si accusano i fascisti di aver collocato l’ordigno per provocare una reazione. Nel corso delle indagini lo stesso Z. viene interrogato dalla polizia francese, ottenendo la solidarietà dei compagni. Luigi Campolonghi, presidente della LIDU, lo definisce «il papà degli emigranti italiani a Chambéry» [“La Libertà”, 5 novembre 1931]. Il 6 gennaio 1932 il convegno inter-federale della LIDU stabilisce la sede della Federazione delle Alpi a Chambéry e nomina Z. presidente della stessa. Pochi mesi dopo, il 24 aprile, nel corso di un convegno federale ad Annecy, sono messe in discussione le posizioni assunte da Z. in occasione del Consiglio centrale della LIDU: l’oggetto del contendere è la questione dell’adesione della LIDU alla Concentrazione antifascista, per alcuni ritenuta contraddittoria rispetto al presunto carattere apolitico della Lega, per altri limitativo nel rap-porto con i partiti (in primo luogo quello comunista) non aderenti alla Concentra-zione. Nonostante le opinioni non convergenti, Z. è comunque riconfermato rappresentante della Federazione nel Consiglio centrale della LIDU e, nel corso del congresso nazionale che si tiene a Chambéry il 14-16 maggio 1932, schiera la sezione locale a sostegno dell’ordine del giorno che chiede il distacco della LIDU dalla Concentrazione antifascista. Per il suo impegno nell’organizzazione del congresso Z. viene pubblicamente ringraziato su “La Libertà”, l’organo della Concentrazione antifascista; in luglio, però, per ragioni statutarie non può più mantenere la carica di segretario della LIDU di Chambéry, mentre rimane quella di presidente della Federazione delle Alpi. In questo periodo Z. viene coinvolto in una vicenda non molto edificante, del resto non così infrequente nel mondo del fuoriuscitismo: un esponente della LIDU di Chambéry viene espulso dalla se-zione perché viene scoperto il suo passato fascista: da questo momento assieme ad altri orchestra una campagna di diffama-zione contro Z., diffondendo una fotografia dove una persona a lui somigliante appare in compagnia di esponenti fascisti. Già l’11 settembre 1932 al congresso di Belleguarde, Campolonghi porta la propria solidarie-tà a Z. «fatto segno odiosi attacchi», che viene comunque rieletto presidente della Federazione delle Alpi della LIDU. La vicenda si conclude quando Z. sporge querela per diffamazione contro questo ex dirigente della LIDU e un suo compagno, che sono condannati il 25 febbraio 1933 dal momento che appare evidente anche ad uno sguardo superficiale che la persona ritratta nella foto non è lui. Su richiesta dello stesso denunciante, la condanna si limita ad un franco di multa, dal momento che da parte di Z. non c’è alcun desiderio di vendetta, ma solo la volontà di ristabilire la propria onorabilità. Superato questo momento, Z. riprende con molto impegno la propria attività. A Chambéry si occupa della Biblioteca circolante della sezione e del Comitato di soccorso pro vittime politi-che, mentre come presidente della Fede-razione (carica che ricoprirà fino al 1943) si attiva per costituire nuove sezioni della LIDU nella zona di competenza. Nel 1935 presiede una riunione del Fronte unico contro la guerra d’Etiopia e, in maggio, partecipa alla costituzione in città del Circolo di studi sociali. Nel settembre 1936 la sezione di Chambéry assume il compito di raccogliere gli aiuti della LIDU diretti alla Spagna repubblicana. Nel dicembre 1937 la polizia annota che Z. «è considerato il maggior esponente del fuoriuscitismo locale. Svolge attivissima propaganda contro l’Italia e il Regime e si adopera, in ogni modo, a favore del fronte popolare spagnolo». Nel marzo 1939 viene iscritto dalla polizia italiana nell’elenco degli attentatori e capaci di atti terroristici. Nei mesi succe-sivi continua la sua attività nella LIDU, organizzando il 27-29 maggio 1939 un nuovo congresso della LIDU a Chambéry, al quale partecipano cinquanta delegati e centinaia di antifascisti, e la sua azione a favore degli ex combattenti di Spagna che tornano in Francia dopo la conclusione negativa del conflitto. Con la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia, nel giugno 1940, è arrestato dalla polizia francese e messo in un campo d’internamento, ma dopo un mese torna in libertà. Arrestato a Chambéry il 23 febbraio 1943 dalle truppe d’occupazione italiane, è trasferito a Grenoble e, il 7 marzo, tradotto a Torino per essere successivamente internato in un campo di concentramento nei pressi di Nizza Monferrato. L’8 giugno è condotto a Modena, dove la Commissione provinciale lo condanna al confino. Il 16 luglio 1943 è tradotto a San Mauro Forte (Matera), dove deve scontare la condanna. Il 13 agosto il Comune di Novi, su sollecitazione dei familiari, chiede la sua liberazione, che viene concessa tre giorni dopo. Arrivato a Novi il 20 agosto, una decina di giorni più tardi chiede di rientrare in Francia per ricongiungersi con la famiglia. Il 18 aprile 1944 la GNR, intenta nel lavoro di revisione del Casellario politico fascista, lo giudica «pericoloso perché ritenuto capace di svolgere propaganda sovversiva» e lo propone per l’internamento. Il 6 maggio 1944 viene fermato dai militi della GNR di Novi e por-tato in carcere a Modena; dopo pochi giorni è trasferito nel Campo per internati civili di Fossoli. Il 24 giugno le sorelle Rosina e Carolina, che risiedono a Novi, presentano una istanza al capo della Provincia per ottenere la liberazione di Z., dal momento che nessuna accusa specifica è stata mossa nei suoi confronti. Il 15 luglio, per disposizione del ministero dell’Interno, viene liberato e sottoposto al vincolo dell’ammonizione. In seguito alla uccisione di un fascista avvenuta il 3 agosto 1944, la GNR di Novi procede al fermo di alcuni antifascisti della zona, tra cui Z., che sono poi trasferiti nella caserma della MVSN a Mirandola. Prelevati da militi della Brigata nera di Modena, il 7 agosto Z. e otto suoi compagni sono fucilati per rappresaglia sul sagrato della chiesa di Rovereto, in quella che sarà ricordata come la ‘strage degli intellettuali’ [c.s.]. FONTI: Acs, Cps, ad nomen; As Modena, Cpp, ad nomen; Is Modena, Fondo Anppia, b. 61, fasc. 2. BIBLIOGRAFIA: Vittorio Lugli, Ritorni al paese, “Il Mondo” 26 gennaio 1960; Dalla parte della libertà, pp. 359-360.

Autore della presentazione: Claudio Silingardi

DATI ANAGRAFICI

Età 59 anni
Genere Maschio
Stato civileConiugato
Data di nascita 24/4/1885
Luogo di nascita Novi di Modena
Provincia di nascita Modena

Data di morte: 7/8/1944
Luogo di morte: Rovereto, comune di Novi di Modena
Comune di morte: Novi di Modena
Provincia di morte: Modena
Regione di morte:Emilia-Romagna

Categoria professionaleOperai
Professione Sarto

Appartenenza politicaSocialiasta

ATTIVITÀ NELLA RESISTENZA

Condizione al momento della morte: Civile
Agente della condanna: Decisione del Federale di Modean Giovanni Tarabini Castellani
Circostanza della morte: Strage
Descrizione della circostanza della morte: Già segnalato e iscritto nel Casellario politico centrale, Canzio Zoldi viene fermato il 6 maggio 1944 dai militi della GNR di Novi e portato in carcere a Modena; dopo pochi giorni è trasferito nel Campo per internati civili di Fossoli. Il 24 giugno le sorelle Rosina e Carolina, che risiedono a Novi, presentano una istanza al capo della Provincia per ottenere la sua liberazione, dal momento che nessuna accusa specifica è stata mossa nei suoi confronti. Il 15 luglio, per disposizione del ministero dell’Interno, viene liberato e sottoposto al vincolo dell’ammonizione. In seguito alla uccisione di un fascista avvenuta il 3 agosto 1944, la GNR di Novi procede al fermo di alcuni antifascisti della zona, tra cui Zoldi, che sono poi trasferiti nella caserma della MVSN a Mirandola. Prelevato insieme ad altri 8 prigionieri da militi della Brigata nera di Modena, il 7 agosto Zoldi e gli altri sono fucilati per rappresaglia sul sagrato della chiesa di Rovereto, in quella che sarà ricordata come la ‘strage degli intellettuali’.
Modalità dell'esecuzione La rappresaglia di Rovereto sulla Secchia è decisa dopo che i partigiani avevano ucciso, il 3 agosto, il mezzadro cinquantaduenne Arturo Bartoli, noto squadrista e fascista della zona. Anche il figlio Giuseppe faceva parte della GNR. Il federale Giovanni Tarabini Castellani convoca i reggenti del fascio della zona e chiede di indicare persone note per i propri sentimenti antifascisti da utilizzare per una rappresaglia. Il 5 agosto iniziano gli arresti di diversi antifascisti o partigiani della zona, portati nelle caserme della Milizia e dei carabinieri di Mirandola. Utilizzando una corriera, nove di questi – mai interrogati, e ai quali non era stato contestato alcun addebito – sono prelevati all’alba del 7 agosto e condotti davanti alla Chiesa di Rovereto sulla Secchia. Compreso il motivo della fermata, alcuni protestano e uno, il prof. Braghiroli, chiede l’assistenza di un sacerdote, che viene negata. Il dottor Maxia grida “viva la Russia” e viene abbattuto da un colpo di mitra di un milite. Dopo qualche minuto, il plotone di esecuzione al comando di Armando Tarabini procede alla fucilazione degli altri. Verso le dieci di mattina da Novi di Modena arrivano dei militi della GNR per provvedere al recupero e alla sepoltura dei cadaveri, ma nel frattempo Garusi, rimasto solo gravemente ferito, era riuscito ad allontanarsi e a essere portato all’ospedale di Mirandola, dove morirà il 22 agosto per le ferite riportate.
Collegamenti:Eccidio di Rovereto, comune di Novi di Modena (MO), 07/08/1944
Condannati dello stesso gruppo di cui esistono lettere:

BIBLIOGRAFIA

    Nessuna bibliografia

COLLOCAZIONE ARCHIVISTICA

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Lettera a famigliari, scritta in data 06-08-1944
Stato del documento: copia


Tipo di copia della lettera: copia fotostatica
La lettera è conservata presso: Carte della famiglia Zoldi,


INFORMAZIONI REPERIBILI IN ALTRE BANCHE DATI