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Raffaele Menici



PRESENTAZIONE

La foto ritrae Raffaele Menici con l’uniforme del Regio Esercito Italiano. Sul retro è presente l’annotazione "aprile ’43", come chiaro riferimento al periodo in cui essa fu scattata. Di anni 48. Nato il 13 dicembre 1895 a Temù, in provincia di Brescia. Residente a Bergamo. Di professione impiegato. Ottenuta la licenza media superiore, nel 1914 consegue il diploma di abilitazione all’insegnamento elementare. Nel gennaio del 1915 si arruola nel Regio esercito italiano e frequenta i corsi per diventare ufficiale. Assegnato al 78º reggimento fanteria con il grado di sottotenente, viene inviato al fronte alla fine di agosto. Distintosi nel corso del conflitto, viene promosso capitano di complemento per meriti di guerra e congedato nel 1919. Assunto presso la Banca commerciale italiana, nel 1921 si sposa e nel ’25 diventa padre di Luciana. Richiamato alle armi nell’ottobre 1937, nel ’40 viene dislocato in Albania. Promosso tenente colonnello, nel 1941 è posto al comando del Quartier generale del 26º Corpo d’armata, operante nei Balcani. Dopo l’armistizio ed il conseguente sbandamento dell’esercito, Menici ritorna in Valcamonica e rifiuta ogni appoggio o collaborazione con la Repubblica sociale italiana. Unitosi al movimento partigiano, si avvicina alla rete clandestina del Partito d’Azione ed entra in contatto con Ferruccio Parri ed il C.L.N.A.I. (Comitato di liberazione nazionale Alta Italia). Costretto a scegliere tra l’adesione alle Fiamme Verdi o alle formazioni garibaldine, Menici opta per queste ultime e il 5 ottobre 1944 si aggrega alla 54ª brigata Garibaldi. Il 18 ottobre successivo si reca ad Edolo (BS) per trattare con gli ufficiali tedeschi il rilascio della moglie e degli altri parenti arrestati il giorno 13 a Temù (tra essi c’è anche il nipote Zeffirino Ballardini). All’appuntamento tuttavia, Menici trova alcuni partigiani appartenenti alle Fiamme Verdi che, in accordo con gli stessi nazisti, lo catturano e lo conducono in Val Brandét, dov’è situato il comando della brigata Schivardi. Processato dal Tribunale militare della brigata perché accusato di intesa con il nemico, in un primo momento il colonnello viene condannato a morte, quindi la pena viene commutata in un espatrio forzato in Svizzera. Il 17 novembre 1944 Menici si mette in marcia verso il confine, scortato da due elementi della brigata Schivardi; tuttavia, giunti al Passo dell’Aprica (per l’esattezza, appena oltre il bivio per la frazione Galleno), un furgoncino appartenente proprio alle Fiamme Verdi sbarra loro la strada, mentre da Edolo sopraggiunge un’autovettura tedesca. Avendo compreso che si tratta di un agguato, Menici tenta subito la fuga, ma viene raggiunto e ucciso prima che riesca a mettersi in salvo.

Autore della presentazione: Igor Pizzirusso

DATI ANAGRAFICI

Età 48 anni
Genere Maschio
Stato civileConiugato
Data di nascita 13/12/1895
Luogo di nascita Temù
Provincia di nascita Brescia
Residenza Bergamo

Data di morte: 17/11/1944
Luogo di morte: Strada per il Passo dell'Aprica
Comune di morte: Corteno Golgi
Provincia di morte: Brescia
Regione di morte:Lombardia

Titolo di studioLicenza media superiore. Diploma di abilitazione all'insegnamento elementare conseguito il 19 luglio 1914
Categoria professionaleUfficiali, impiegati pubblici e privati, pensionati
Professione Impiegato Assunto presso la Banca commerciale italiana.
Appartenenza alle Forze armateEsercito
Arma Fanteria, corpo degli Alpini
Reparto tiburio 26° Corpo d'armata
GradoTenente colonnello, Comandante del Quartier generale del 26° Corpo d'armata
Località di servizioGrecia e Albania, poi Croazia

Appartenenza politicaAzionista

ATTIVITÀ NELLA RESISTENZA

Tipologia del condannato:Partigiano
Tipo di reparto: Gruppo
Nome del reparto: Gruppo di partigiani nella zona di Pezzo, Temù e Vezza
Tipo di reparto: Brigata
Nome del reparto: Brigata Garibaldi 54ª
Condizione al momento della morte: Combattente
Agente della condanna: Sentenza di un tribunale. Tribunale militare della Brigata Fiamme Verdi Schivardi
Descrizione della circostanza della morte: Il 18 ottobre Raffaele Menici si reca ad Edolo (BS) per trattare con gli ufficiali tedeschi il rilascio della moglie e degli altri parenti arrestati il giorno 13 ottobre a Temù (tra essi c'era anche il nipote Zeffirino Ballardini). All’appuntamento tuttavia, Menici trova alcuni partigiani appartenenti alle “Fiamme verdi” che, in accordo con gli stessi ufficiali nazisti, lo catturano e lo conducono in Val Brandét (sede del Comando della Brigata “Schivardi”). Tenuto prigioniero perché accusato di intesa con il nemico, viene processato dal Tribunale militare della Brigata partigiana e condannato a morte. La pena viene però successivamente commutata in un espatrio forzato in Svizzera. Il 17 novembre 1944, durante il trasferimento oltre confine, Menici viene ucciso in un agguato presso il Passo dell'Aprica (BS).
Causa della morte: Raffica di mitra
Modalità dell'esecuzione Dopo la commutazione della pena capitale in espatrio, Raffaele Menici è condotto verso il confine svizzero da alcuni elementi della Brigata Fiamme Verdi “Schivardi”. Giunti al Passo dell'Aprica, appena oltre il bivio per la frazione Galleno, un camioncino appartenente alle stesse “Fiamme Verdi” sbarra la strada a Menici e alla sua scorta. Pochi istanti dopo, da Edolo, sopraggiunge un'autovettura tedesca. Avendo compreso che si trattava di un agguato, Menici tenta la fuga, ma viene ucciso prima che possa mettersi in salvo.

BIBLIOGRAFIA

  • La 54ª Brigata Garibaldi e la Resistenza in Valsaviore, 1984
  • Rolando Anni Dizionario della Resistenza bresciana, Brescia, Morcellana, 2008, pp. 239-240
  • Mario Avagliano (a cura di) Generazione ribelle. Diari e lettere dal 1943 al 1945, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2006, pp. 277 e 424
  • Mimmo Franzinelli Un dramma partigiano in "Studi bresciani. Quaderni della Fondazione Micheletti" N. 8, Brescia, Fondazione Micheletti, 1995
  • Mimmo Franzinelli (a cura di) Ultime lettere dei condannati a morte e di deportati della Resistenza. 1943-1945, Milano, Mondadori, 2005, p. 93
  • Ercole Verzeletti Fazoletti rossi. Fazzoletti verdi. Il dissidio nella Resistena camuna, Cologno Monzese (MB), Edizioni di Cultura popolare, maggio 1975

COLLOCAZIONE ARCHIVISTICA

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Lettera a Venanzio Ballardini, scritta in data 17-11-1944
Località di stesura: Val Brandet
Stato del documento: copia


Tipo di copia della lettera: copia fotostatica

La lettera è conservata presso:
Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea - Bergamo

Indirizzo web:
http://users.libero.it/isrecbg/

Collocazione archivistica:
Carte Luciana Menici

Collocazione bibliografica:
Mimmo Franzinelli, Un dramma partigiano, in: Studi bresciani, N. 8, 1995, pp. 175-176

Note al documento:
Nella nota a pag. 176 del volume "Il caso Menici" (in: Studi bresciani, N. 8, 1995) è scritto che la lettera fu scritta "...a Venanzio Ballardini dalla Val Brandet, 17 novembre 1944...". L'originale del documento è andato smarrito, ma il destinatario ne ha comunque tratto una copia manoscritta, conservata ora presso le carte private di Mimmo Franzinelli. L'Istituto bergamasco per la Storia della Resistenza e dell'età contemporanea custodisce una fotografia di tale copia.

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