di Redazione | 10 Settembre 2014 | Contributi, Notizie |
Un ricordo in memoria del centennale della nascita di Don Aldo Mei (consulta la scheda nella banca dati), martire della Resistenza lucchese, elaborato dall’Istituto storico della Resistenza di Lucca.
Gli interventi sono di:
– Stefano Baccelli, Presidente della Provincia di Lucca
– Stefano Bucciarelli, Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza di Lucca
– Mons. Italo Castellani, Arcivescovo di Lucca
– Alessandro Tambellini, Sindaco di Lucca
– Leana Quilici, Assessore all’Istruzione del Comune di Capannori
– Didala Ghilarducci, Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza
Le ultime lettere di Aldo Mei:
di Redazione | 19 Giugno 2014 | Iniziative, Notizie |
Settantesimo dell’uccisione di Leopoldo Gasparotto e della strage al Poligono di Tiro di Cibeno
(22 giugno – 12 luglio)
“Al pomeriggio notizie di Italo”. Queste le ultime parole scritte da Leopoldo Gasparotto a Fossoli nel suo diario il 21 giugno del 1944: il giorno dopo sarebbe stato prelevato dal campo di concentramento e ucciso poco distante, da una squadra di SS proveniente da Verona.
Dopo questo fatto, diranno gli stessi internati nelle loro testimonianze, il clima nel campo di concentramento di Fossoli cambiò radicalmente in un crescendo di intimidazioni e violenze, fino a giungere, il 12 luglio del 1944, alla uccisione al Poligono di Tiro di Cibeno di 67 internati politici.
Leopoldo Gasparotto era un rappresentante di spicco dell’antifascismo, come molti dei 67 che trovarono la morte il 12 luglio: uomini che provenivano da ogni parte dell’Italia, diversi per formazione e orientamento politico, rinchiusi a Fossoli in un destino comune a causa della loro opposizione e lotta al nazifascismo. Erano i migliori, dicono di loro i compagni di prigionia. Difficile credere che la scelta omicida sia caduta su di loro in modo casuale.
In questo biennio di ricorrenze, questi due fatti occupano un posto di grande rilevanza, non solo per le vicende legate al Campo di Fossoli, ma per quello che ci dicono della natura della violenza perpetrata nel periodo 43-45 dai nazifascisti nel nostro Paese, i cui tanti episodi possono considerarsi parte della comune strategia di guerra ai civili. E al contempo, ci aiutano a comprendere meglio il ruolo svolto dal Campo di Fossoli nella politica persecutoria e repressiva.
Per ricordare questi episodi e portarli alla attenzione che meritano, la Fondazione ex Campo Fossoli e il Comune di Carpi hanno, in prossimità delle date commemorative, programmato due momenti pubblici.
Sabato 21 giugno si svolgerà nel pomeriggio presso la sede della Fondazione la presentazione della edizione on line di Uomini nomi memoria curata da Carla Bianchi, Metella Montanari e Anna Maria Ori, volume che ricostruisce le biografie dei 67 fucilati al Poligono; alla sera al Campo di Fossoli ci sarà lo spettacolo Dove sono le mie montagne?, reading dal Diario di Fossoli di Leopoldo Gasparotto a cura del Teatro dell’Argine.
Domenica 13 luglio presso il Poligono di Tiro di Cibeno si terrà la Commemorazione della Strage dei 67 internati al Campo di Fossoli, nel corso della quale ha assicurato la presenza – salvo imprevisti istituzionali – il Ministro della Difesa, sen. Roberta Pinotti.
Ma obiettivo della Fondazione è quello di riprendere, a partire dal settantesimo, alcune piste di lavoro su questi episodi e sui loro protagonisti. Innanzitutto riaprire la ricerca per far luce sulle tante ombre che ancora impediscono l’accertamento storico dei fatti; raccogliere e pubblicare le testimonianze, spesso inedite, lasciate dai martiri di Fossoli; infine, ma non certo meno importante, portare tutto questo nelle scuole, tra i giovani, quale un percorso di conoscenza e di formazione.
Marzia Luppi
Direttrice Fondazione ex Campo Fossoli
>> Per approfondire la strage del Poligono di tiro di Cibeno visualizza l’ articolo nella banca dati
di Redazione | 14 Maggio 2014 | Notizie, Nuovi documenti |
Come preannunciato dell’articolo del 10 aprile scorso, in occasione dell’uscita in libreria del volume su Andrea Lorenzetti, il figlio Guido ha fornito alla Redazione l’ultimo messaggio scritto da suo padre, il 15 maggio 1945 da Gusen (sottocampo del lager di Mauthausen).
Il documento è ora on line unitamente alla scheda bio-anagrafica di Andrea Lorenzetti.
Brevi cenni biografici (reperibili anche nella scheda inserita nella banca dati):
Andrea Lorenzetti entra in contatto con il movimento socialista nell’autunno del 1942, prendendo parte alle riunioni per rifondare il PSI. All’inizio del 1944 entra nella segreteria del partito per l’Alta Italia ed è nominato responsabile della redazione e della diffusione clandestina de “L’Avanti!”. Nel marzo dello stesso anno è tra gli organizzatori degli scioperi che paralizzano la produzione industriale delle fabbriche milanesi per un’intera settimana. Pochi giorni dopo la fine dell’agitazione, il 10 marzo 1944, Lorenzetti viene arrestato e tradotto nel carcere di San Vittore, dove resta in isolamento fino al 27 aprile 1944. Deportato al campo di concentramento di Fossoli, il 21 luglio è trasferito al lager di Bolzano. Ai primi di agosto (presumibilmente il 5, con il trasporto n. 73) è inviato al lager di Mauthausen. Smistato al sottocampo di Gusen III, vi rimane fino alla liberazione, che avviene il 5 maggio 1945. Provato fisicamente dalle difficili condizioni di prigionia, viene ricoverato in ospedale. Qui si spegne dieci giorni dopo, il 15 maggio 1945.
di Redazione | 6 Maggio 2014 | Notizie, Pubblicazioni |
Nel nome del figlio
La famiglia Puecher nella Resistenza
Giuseppe Deiana
Prefazione di Virginio Rognoni
Pagine: 512 + inserto: 1/16
Collana: Testimonianze fra cronaca e storia – 1939-1945: Seconda guerra mondiale
Con inserto fotografico
Dal sito dell’editore:
«L’amavo troppo la mia patria, non la tradite, e voi tutti giovani d’Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale.» Giancarlo Puecher, partigiano fucilato a Erba il 21 dicembre 1943
«La storia dirà che questo nostro tempo fu uno dei più tristi e tribolati che l’umanità abbia vissuto: perché essa è stata investita da un’ondata di pazzia frenetica. Quando la guerra sarà finita nessuno l’avrà voluta e pochi avranno interesse a ricordarla.» Giorgio Puecher, deportato e morto a Mauthausen il 7 aprile 1945
Tra il dicembre del 1943 e l’aprile del 1945 si consuma la tragica storia dei Puecher, una famiglia della borghesia milanese distrutta dalla guerra, tra Resistenza e deportazione: il giovane Giancarlo, ventenne, cattolico, idealista, partigiano subito dopo l’8 settembre, fucilato dai fascisti alla fine del ’43; e il padre Giorgio, notaio, arrestato, deportato e morto di stenti a Mauthausen in nome della passione civile per cui era stato ucciso suo figlio.
La drammatica fine di questi due eroi dimenticati della Seconda guerra mondiale viene raccontata in un lavoro meticoloso di ricerca di documenti e testimonianze, che la ricolloca in un quadro storico più ampio, dove Resistenza e deportazione sono strettamente connesse in un’unica lotta per la libertà e la democrazia. Vengono così analizzati i confini storico-geografici di Resistenza e deportazione in Italia, la nascita delle formazioni partigiane intestate a Giancarlo attive nel Comasco fino alla Liberazione, le operazioni di riabilitazione e commemorazione dell’«eroe borghese» nel dopoguerra.
Una ricostruzione storica che ha come fine la ricerca nell’Italia di oggi di quei valori per cui Giancarlo e Giorgio Puecher hanno sacrificato la loro vita, per trasmetterne la memoria alle nuove generazioni senza revisionismi e senza retorica.
L’autore
Giuseppe Deiana è stato docente di storia e filosofia nei licei ed è presidente delle associazioni Centro Comunitario Puecher di Milano. È autore di numerosi libri, tra i quali: Io penso che la storia ti piace (Unicopli, 1999), Educare alla cittadinanza democratica (con A. Cavalli, Carocci, 1999), Insegnare l’etica pubblica (Erickson, 2003), Bioetica e educazione (Ibis, 2005), Le sfide della bioetica globale (Aìsara, 2008), L’etica dell’insegnante (Aìsara, 2008), Istruisce ma non educa. Educazione morale e pedagogia civile per la formazione di cittadini competenti, attivi e responsabili (Pellegrini, 2011), Questa storia mi ha cambiato la vita. La memoria della Resistenza e le giovani generazioni (Unicopli, 2013).
di Redazione | 28 Aprile 2014 | Iniziative, Notizie, Pubblicazioni |
Trasmesso in anteprima al cinema Eden di Roma la sera del 23 aprile 2014 e rilanciato sul sito de “Il Fatto quotidiano” nei due giorni successivi, il documentario “25 aprile, lettere dei partigiani condannati a morte” (nella foto a sinistra la locandina) è stato girato dal regista Pasquale Pozzessere con un ampio utilizzo delle fonti e dei documenti contenuti nella banca dati “Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana”.
Prodotta da BiancaFilm, la pellicola è al tempo stesso un film ed un progetto culturale, predisposto per essere diffuso attraverso il circuito scolastico, universitario ed il web, affinché non si dimentichino i molti oppositori al nazifascismo – per lo più giovanissimi – che vennero giustiziati tra il 1943 e il 1945. Ogni lettera è interpretata da un attore (più in basso, le interpretazioni di Claudio Amendola, Edoardo Leo e Riccardo Scamarcio) ed è preceduta dalla biografia del loro autore affidata agli studenti del Liceo Statale Virgilio di Roma.
Gli attori e le lettere pubblicate sul sito de “Il Fatto quotidiano”:
Claudio Amendola legge l'ultimo messaggio di Sabato Martelli Castaldi
Edoardo Leo legge l'ultimo messaggio di Salvatore Petronari
Riccardo Scamarcio legge l'ultimo messaggio di Franco Balbis
di Redazione | 21 Aprile 2014 | Pubblicazioni |
In libreria il volume edito da Carocci, basato sulla banca dati “Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana”
Sergio Bozzola
Tra un’ora la nostra sorte
Le lettere dei condannati a morte e dei deportati della Resistenza
EDIZIONE: 2013
COLLANA: Lingue e Letterature Carocci (155)
ISBN: 9788843069156
Dal sito di Carocci editore:
A settant’anni dall’8 settembre, viene proposta una rilettura delle Ultime lettere dei condannati a morte e dei deportati della Resistenza. Lo studio prende in esame le forme della scrittura, ovvero gli aspetti materiali e formali delle lettere: dai supporti (brandelli di carta, il muro della cella ecc.), alla mise en page (spazi bianchi, scritture fuori testo, uso del maiuscolo), ai fenomeni più generali di ordine retorico, testuale e tematico (fra di essi: la funzione evocativa dei nomi propri, lo stile spezzato, la ripetizione). Ne sono così portati in luce aspetti espressivi ad oggi inesplorati, a causa del taglio esclusivamente tematico degli studi sinora dedicati a questi documenti. L’accuratezza formale e visiva con cui sono spesso scritte le ultime lettere è interpretabile come caparbia asserzione di dignità in un contesto che la nega in radice; quella attenzione alla forma diviene il segno di appartenenza ad una comunità civile ed estrema resistenza della persona nella prossimità del suo annullamento. Le lettere, in quanto “scritture ultime”, restituiscono così ai destinatari un’idea di resistenza come che sia, di reazione all’offesa e rappresentano quasi un’immagine controfattuale della stessa persona fisica del condannato, specie se deturpata dalle torture e dalle miserabili condizioni della detenzione.