- L'archivio contiene 6 lettere di Pietro Ferreira
- Lettera al Tenente Barbetti, scritta in data 22-01-1945, Carceri di via Asti, Torino
- Lettera a Monti, Pino e Silvio, scritta in data 22-01-1945, Carceri di via Asti, Torino
- Lettera a Pierina, scritta in data 22-01-1945, Carceri di via Asti, Torino
- Lettera a zia Maria, zia Ida, Lina, Bianca e Ninì, scritta in data 23-01-1945, Carceri di via Asti, Torino
- Lettera alla Mamma, Papà ed Ico, scritta in data 22-01-1945, Carceri di via Asti, Torino
- Lettera ai Compagni ed amici del P.d.A., scritta in data 22-01-1945, Carceri di via Asti, Torino
- Lettera al Tenente Barbetti, scritta in data 22-01-1945, Carceri di via Asti, Torino
PRESENTAZIONE
Di anni 23. Nato il 3 agosto 1921 a Genova. Studente all’Istituto Galileo Galilei di Genova, allo scoppio della guerra si arruola volontario ed è inviato a Moncalieri, per frequentare la Scuola ufficiali. Nell’ottobre del 1941 si trasferisce a Modena, all’Accademia militare. Ottenuto il grado di sottotenente in servizio permanente effettivo, all’inizio del 1943 è assegnato al 25º Reggimento fanteria della Divisione Bergamo, impegnata nelle operazioni militari in Dalmazia. Il giorno in cui è annunciato l’armistizio si trova a Spalato, da dove rimpatria in seguito allo sbandamento dell’esercito e per evitare di essere catturato dai tedeschi. Unitosi in un primo momento alle bande partigiane del Friuli orientale, il 4 dicembre ritorna a Genova, ma vi si ferma solo per un breve periodo. Ripartito alla volta del Cuneese, si aggrega alla formazione GL "Italia Libera", comandata da Duccio Galimberti. Il suo gruppo è dapprima dislocato in Valle di Lanzo (TO); poi, ai primi di maggio, viene spostato in Valle d’Aosta per esigenze strategiche. Qui Ferreira promuove ed organizza le Brigate Mazzini, che nell’estate successiva si uniscono per formare la VII Divisione alpina GL, di cui egli diventa subito il Comandante. L’8 agosto 1944 è arrestato da alcuni elementi dell’Ufficio politico investigativo (U.P.I.) mentre si trova a Torino, ma viene rilasciato grazie ad uno scambio di prigionieri. Tornato in libertà, nei mesi seguenti allaccia rapporti sempre più stretti con il comando generale del C.V.L. (Corpo volontari della libertà), ed in particolar modo con il generale Raffaele Cadorna, che ne è a capo. Il 31 dicembre 1944 si reca a Milano, meta ormai frequente dei suoi viaggi, per incontrare un presunto sostenitore della lotta partigiana, che ha promesso di consegnargli una grossa somma di denaro per finanziare la sua formazione. In realtà però si tratta di un tranello: Ferreira viene arrestato dai fascisti e consegnato all’Ufficio politico della Federazione dei Fasci repubblicani di Torino. Rinchiuso in carcere, il 22 gennaio è processato dal Tribunale di Co.Gu. (contro guerriglia) e condannato a morte. Il giorno successivo (23 gennaio 1945) è prelevato dalla sua cella e condotto al poligono di tiro del Martinetto assieme a Orazio Barbero, Bruno Cibrario, Dino Del Col, Amerigo Duò, Enrico Martino, Ulisse Mesi, Luigi Migliavacca, Giovanni Moncalero, Luigi Savergnini e Giovanni Battista Zumaglino. Qui gli 11 detenuti vengono fucilati da un plotone composto da militi della GNR.
Il 4 novembre 1946 l’Università di Genova gli ha conferito la laurea ad honorem in scienze commerciali. Dopo la liberazione gli è stata assegnata anche la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione: "Fiera figura di partigiano, dopo avere combattuto contro il tedesco oppressore in terra straniera, accorreva sul patrio suolo per continuare la lotta di liberazione. Le valli di Lanzo, di Chialamberto e di Aosta conobbero la sua insonne attività che le trasformò in potenti baluardo contro l’avanzata nemica. Champercher, Bardonetto, Gressoney videro brillare il suo valore in audaci azioni che costituiscono luminose pagine della storia partigiana. Catturato una prima volta e liberato in seguito a scambio di prigionieri riprendeva il suo posto di combattimento finché, caduto per la seconda volta nelle mani dell’avversario, veniva condannato a morte. Nell’attesa dell’iniqua esecuzione scriveva il suo testamento spirituale dedicato ai compagni di lotta, e, al canto degli inni della Patria, con sul petto il distintivo di partigiano, affrontava il plotone di esecuzione e cadeva dopo avere comandato, eretto nella persona, il fuoco fratricida, gridando «Viva l’Italia». Torino, 23 gennaio 1945."