- L'archivio contiene 1 lettera di Romolo Cani
PRESENTAZIONE
Di anni 41, impiegato. Nato a Milano il 4 aprile 1902, residente a Faenza (Ravenna), coniugato, dopo l’8 settembre 1943 iniziò a collaborare alla costituzione e consolidamento della rete clandestina a supporto della resistenza armata locale. Arrestato nei primi giorni di febbraio 1944, si trovava ancora nelle carceri di Ravenna quando l’8 febbraio fu teso un agguato mortale al sottufficiale repubblicano Aristo Macola di Milano. La reazione dei fascisti della provincia fu immediata. Durante la notte, presso la casa del fascio di Faenza, si riunì il tribunale militare straordinario, presieduto da Guelfo Negri, segretario politico di Ravenna. Tra i giudici vi era anche Raffaele Raffaeli, futuro famigerato capo delle BN faentina. Furono giudicati cinque uomini: Romolo Cani, Silvio Rossi, Armando Marangoni, Mario Casadei e Edoardo Pezzi. I primi tre, faentini, furono condannati a morte mentre Casadei e Pezzi furono rispettivamente condannati a 24 e a 30 anni di reclusione. Marangoni e Rossi furono accusati di favoreggiamento e collaborazionismo con la brigata partigiana «Corbari», mentre Cani, Pezzi e Casadio furono indicati come comunisti. Poco prima dell’esecuzione il vescovo Battaglia intervenne presso Raffaeli e il comandante tedesco al fine di ottenerne la sospensione ma entrambi risposero che una simile decisione non spettava loro. La fucilazione fu eseguita presso le mura del cimitero di Faenza. Da un messaggio clandestino inviato da Alvaro Cenni al capo partigiano locale, Renato Emaldi, apprendiamo che dopo l’esecuzione, per parecchi giorni, si diffuse nel movimento resistenziale «una specie di terrore» che indusse i suoi membri ad un’estrema cautela e quindi a una riduzione considerevole delle azioni armate.