Lettera di Luigi Lanfranconi (Antonio - Sergio Canepa) a Luigi Buffagni scritta in data 30-07-1943 da San Bartolomeo del Cervo (IM)

  • Didascalia: L’immagine riproduce la trascrizione della lettera di Luigi Lanfranconi all’amico e collega Luigi Buffagni, scritta pochi giorni dopo la caduta del fascismo da San Bartolomeo del Cervo (IM), dove l’autore era dislocato con il suo reggimento di artiglieria.
    Nota: Questa immagine contiene un watermark indelebile che consente di risalire al legittimo proprietario.
  • Proprietà della foto: Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Ferruccio Parri
    Collocazione archivistica: Fondo Corpo volontari della libertà, b. 167, fasc. 544
    Collocazione bibliografica: Nell’anniversario del sacrificio di Luigi Lanfranconi in Socialismo (Genova, 24 febbraio 1946)
  • Testo dell'immagine:
    San Bartolomo del Cervo 30 Luglio 1943, 1 A.F.

    Caro Buffagni,
    Mi sembra di vederti e di udirti! Devi essere trionfante, esultante! Ti ricordi? Eravamo i due vessilliferi, i portabandiera della libertà. Abbiamo battagliato per lunghi anni in un ambiente ostile, minaccioso, attorniati da spie e traditori. Tu, valoroso combattente dell’altra guerra, le tue carni bruciate dalle ferite e dalle sofferenze dei lunghi mesi di trincea. Tu eri accusato con me di anti-patriottismo, di anti-italianità soltanto perché trovavamo innaturale la schiavitù, solo perché ci ribellavamo all’imposizione di ragionare coll’altrui cervello, perché mai volemmo accettare il credo mostruoso dei fascisti. Ti ricordi? Quante sofferenze morali, quale lunga attesa, con quanta impazienza, ma con quanta certezza, abbiamo aspettato il trionfo della giustizia, il trionfo della natura e della nostra giusta causa! E ti ricordi dei nostri accusatori? Miserabili imboscati, tarati fisicamente e moralmente, profittatori senza scrupoli, né coscienza, egoisti sino al parossismo. Nascondevano le loro malefatte, le loro infamie, le loro basse vendette, celandosi tra le pieghe delle loro tessere, nascondendo le loro turpi piaghe sotto la camicia nera, coprendosi il loro cranio, assente di materia cerebrale, con ridicoli berretti sormontati da aquile. Quei vermi!
    E allorché noi si parlava, sorridevano dapprima, con quel loro ghigno ebete, minacciavano poi ed infine, quando non avevano altri argomenti da opporre ai nostri, scrivevano... mollemente sedevano alla macchina da scrivere e vergavano i loro rapporti, le loro denunce indirizzando al gruppo rionale fascista. Entrava allora in scena la commissione di disciplina, le minacce, le ammonizioni, il confino... soltanto perché avevamo espressa una nostra idea, un nostro punto di vista. Si credevano i più forti e non capivano tutta la loro debolezza morale, non comprendevano che le loro vigliaccherie li avrebbero portati con maggior sollecitudine al baratro.
    Il destino mi nega, per ora, di vedere le loro facce, ma senza grandi sforzi immaginativi me le vedo ugualmente davanti, vedo che i loro sorrisi ebeti si sono trasformati in smorfie scimmiesche, che le loro labbra si son fatte più pallide, che le loro gambe, già rese vacillanti dai vizi, tremano come foglie e che le loro voci tremano e balbuziano. Vedi, in questo momento, più che odio, mi suscitano disprezzo.
    Ti ricordi i nostri progetti da realizzarsi per quando fosse giunta l’ora? Ebbene, l’ora è quasi giunta. I quadri dell’esattoria subiranno le necessarie trasformazioni. Di ciò abbiamo per il passato ripetutamente parlato ed ora è doveroso mettere in esecuzione tali progetti.
    Troppi uomini dell’Esattoria (come altrove, ma ciò per ora esula dal nostro compito) sono arrivati ad occupare posti di fiducia e ben rimunerati soltanto perché occupavano i posti preminenti nelle file del defunto partito.
    Questi uomini devono crollare così come è crollato l’organismo che li ha elevati.
    E malgrado la mia vita abbia preso altro orientamento per nulla attinente a quello esattoriale, (di ciò però ti prego di non parlarne ancora) sento essere mio dovere lottare per il ristabilimento della giustizia, per quanto riguarda specialmente la nostra categoria.
    Tu vedi che i miei moventi non sono generati dall’interesse personale, né dall’egoismo, né tanto meno dall’ambizione, perché, come ti ripeto, e come già sapevi, la mia vita esattoriale è finita dato che l’industria ch’io dirigo mi offre tali possibilità di affermarmi nella vita, quali mai potrei sognare di raggiungere continuando la mia vita in veste di impiegato. Ma gli anni che ho trascorsi con te in quegli uffici appartengono ad una parte troppo lunga della mia vita (gli anni della mia gioventù più belli, anche se il fascismo me li ha sciupati), perché io possa abbandonare così la mia lotta iniziata dodici anni or sono. Desidero perciò, prima di dare l’addio definitivo al mio lavoro di un tempo, a tutta la mia vita passata, collaborare ad organizzare molte cose e, prima di tutto, come già ho scritto sopra, la situazione del personale.
    Può sembrare apparentemente che ciò esuli dalle nostre facoltà; dato che tale compito sembrerebbe essere esclusività dei datori di lavoro. Ma io credo che questi datori di lavoro abbiano bisogno di essere affiancati, finalmente, da persone oneste, senza odi di parte, che per il passato ebbero a soffrire, vittime di uno stato di cose ora fortunatamente naufragato.
    Non posso fare previsioni circa l’andamento futuro del nostro Ente e di conseguenza non posso spingermi troppo oltre, mi limito perciò, in nome del nostro passato e della nostra opera offerta per lunghi anni senza poter pretendere in cambio quanto la nostra opera stessa meritava, solo perché non appartenenti allo squadrismo, a far sentire la mia parola unita alla tua ed a quella di qualche altro, in modo che (per lo meno sino a quando non avverranno gli attesi capovolgimenti radicali che sconvolgeranno tutta la struttura sociale e politica del Paese) sia fatta immediata giustizia per quanto riguarda la posizione dei lavoratori della nostra categoria. In altre parole, dovrà essere assegnato ad ognuno il posto che gli spetta, a prescindere dalle idee politiche dei singoli.
    Gli squadristi ed i fanatici di ieri, dovranno essere immediatamente rimossi dai loro posti, perché TUTTI questi Signori hanno raggiunte le loro rispettive posizioni per esclusivo merito del putrefatto partito e non per meriti personali. Ora io chiedo che tutti questi personaggi (volevo dire: figuri) vengano allontanati con la massima sollecitudine dai loro posti di lavoro, per fare largo a coloro che per il passato, perché sprovvisti della tessera infamante, ebbero a languire nella più squallida miseria o, peggio ancora, nei campi di concentramento.
    Io non chiedo che sia usata violenza verso i responsabili sopra citati, che tante sciagure hanno procurato ai colleghi, tanto più che il momento attuale richiede da tutti la massima disciplina, e l’ordine non deve essere, nel modo più assoluto, turbato ma chiedo solo, e credo di essere in diritto di farlo, che degli uomini che hanno raggiunto una posizione avvalendosi soltanto degli appoggi forniti loro da un regime ora crollato, abbandonino tali posizioni, che in modo indegno stanno occupando.
    I nostri lunghi anni di lavoro e di sofferenze morali, nonché la certezza che quanto chiediamo non è altro che un logico cosciente atto di giustizia da porre immediatamente in atto, c’impongono di lottare sino a quando lo scopo sarà raggiunto.
    Nostro intento dunque è quello di collaborare, nell’ambito della nostra cerchia e del nostro possibile, affinché tutte le ingiustizie e tutti gli orrori del passato siano riparati.
    I compiti del Governo sono immani: contribuire a distruggere le malefatte di ieri ed a ripararle e agevolare l’opera dei Capi; è quindi dovere dei veri cittadini italiani amanti della giustizia e della libertà.
    E’ chiaro che questo nostro modo d’agire non è provocato da sete di vendetta, né da istinti egoistici od ambiziosi, ma soltanto da senso di giustizia e da patriottismo: agiremo perciò con disciplina, ma con fermezza.
    Io non chiederò nulla per me, perché la mia strada è un’altra, ma voglio essere con te il portavoce di tutti quei colleghi che per pigrizia o perché incapaci di lottare verrebbero altra volta soverchiati da quei tali signori che sopra ti ho nominati, da quei tali opportunisti che oggi, buttata la camicia sporca alle ortiche e dato un colpo di timone alle loro coscienze, sono capacissimi di rinnegare il loro turpe passato per schierarsi anima e corpo dall’altra parte, dalla nostra parte, così, con la massima naturalezza, come si potesse cancellare tutta una vita con un semplice colpo di spugna. E’ questo che bisogna assolutamente impedire: gli uomini senza una fede, senza un credo politico e che malgrado ciò si buttano nella politica solo per averne dei vantaggi personali, bisogna metterli al bando. Questi tali sono ormai individuati e mai accadrà, noi presenti, che continuino il loro giuoco infame.
    E’ per questo, Buffagni, che ti scrivo. Io sono per ora lontano, ma tu si lì, e so che li sorvegli. Apri gli occhi e non permettere che le loro losche manovre abbiano a riuscire. Togli loro la maschera, parla loro chiaro, fa capire a tutti ben chiaramente che il loro giuoco è finito, che la schiavitù sta per essere abolita anche in Italia, che si tolgano finalmente dai piedi se non vorranno essere presi a pedate.
    Attendo tue notizie; trova il tempo per scrivermi a lungo, in modo dettagliato raccontandomi tutti gli avvenimenti che sono accaduti ed accadono a Genova ed in special modo all’Esattoria. Sono impaziente di ricevere tutte le possibili notizie da te, io cercherò quanto prima di fare una scappata a Genova, esclusivamente per venirti a trovare e per mantenere quella tale promessa che un giorno facemmo a noi stessi: una potente libazione in segno di giubilo.
    Gradisci i più cordiali saluti estensibili alla tua Signora ed a tua figlia.
    Luigi Lanfranconi