Lettera di Luigi Capriolo (Sulis) a Giovanni (il fratello) scritta in data 6-03-1944

  • Didascalia: L’immagine riproduce la seconda pagina della trascrizione a macchina della lettera di Luigi Capriolo al fratello Giovanni, scritta durante i mesi di lotta partigiana, prima della cattura e dell’impiccagione.
    Nota: Questa immagine contiene un watermark indelebile che consente di risalire al legittimo proprietario.
  • Proprietà della foto: Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Ferruccio Parri
    Collocazione archivistica: Fondo Malvezzi Piero Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana e europea, b. 9 fasc. 23
  • Testo dell'immagine:
    [Pagina 2]

    marcia, un camion di tedeschi proveniente da Torino ci ha attaccati. E’ pure accerta
    che alcuni squadristi spararono sopra le formazioni nostre dalle finestre prospicienti
    piazza. E così avvenne il conflitto . Un capitano nostro morì eroicamente e sette par
    giani/furono feriti.Due di essi vennero fatti prigionieri e massacrati sulla piazza di
    riè dai tedeschi. Anche i tedeschi ebbero delle perdite la cui entità però non è anco
    accertata, come accertate non sono ancora le perdite partigiane.
    Sabato quattro marzo io mi sono curato in nodo particolare dei feriti alcuni dei
    quali erano stati ricoverati all’ ospedale di Lanzo. Al pomeriggio incontrai un altro
    nostro ferito che, malgrado le lacerazioni del suo corpo, voleva rientrare nella sua for-
    mazione a combattere. Io naturalmente non lo lasciai e poiché il medico dal quale lo
    avevo fatto visitare a Ceriè mi aveva consigliato un immediato esame radiologico, mi
    decisi di portarlo, nella macchina dello stesso direttore degli ospedali Mauriziani, all’
    ospedale di Lanzo. Quivi i dottore , cui una visita accurata gli aveva già fatto conos
    la gravità delle ferite, si accinse ad estrarre immediatamente i proiettili ancora confic-
    cati nelle carni. Durante questa operazione Lanzo è stata invasa ed occupata dai tede
    che in numerosi camion venivano ad attaccare le formazioni patriottiche .
    Di fronte a questa invasione ho capito immediatamente ed i miei feriti, tutti
    colpiti alle gambe non potevamo fuggire. Decisi quindi di restare con loro e di dividere
    la loro sorte.
    Tutte le monache, infermiere ed i medici hanno fatto quanto era in loro potere
    per mascherarci come ammalati ordinari, ed io stesso, svestitomi della divisa partigia
    sono stato posto in un letto nella stessa corsia deve erano giacenti i miei compagni
    combattenti . Chiuse le imposte delle finestre nelle semi/oscurità del salone le monache
    e tutti gli ammalati intonarono ad alta voce una preghiera per la salvezza nostra di patrio-
    ti. La preghiera era appena terminata che fecero irruzione i tedeschi intimando ai "ri
    di alzare le mani. Poiché nessuno alzava le mani, intimarono al medico, buon amico nostro
    di dire quali erano i " ribelli ": il medico si è rifiutato.Presero quindi la Suora Superio-
    ra e le demandarono di consegnare i quattro " feriti ribelli. E’ evidente che vi era sta-
    ta una spia che aveva detto loro che i feriti ricoverati erano "quattro" come effetivamen-
    te te erano. La Suora Superiora dopo avere invocato dai tedeschi la loro assicurazione c
    non avrebbero fatto del male ai feriti, ed avuta la promossa da questi, incomincio ad
    indicare i patrioti: avevo i tedeschi vicino al letto dove giacevo come finto ammalato
    e ho dovuto assistere con la faccia impassibile ma con la tempesta più tragica nel cuore
    al prelievo dei miei feriti : uno , due , tre, quattro, e la Superiora indicava pronuncian-

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