Lettera di Giacomo Ulivi agli Amici scritta in data 0-00-1944

  • Didascalia: L’immagine riproduce la trascrizione della lettera scritta da Giacmo Ulivi durante i mesi di forzato esilio a Modena. il documento si può considerare il suo testamento spirituale. L’originale è stato scritto su 14 foglietti staccati da un taccuino e poi ritrovati dopo la sua morte, tra le pagine dei suoi libri nella sua casa di via Castel Maraldo.
    Nota: Questa immagine contiene un watermark indelebile che consente di risalire al legittimo proprietario.
  • Proprietà della foto: Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Ferruccio Parri
    Collocazione archivistica: Fondo Malvezzi Piero Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana e europea, b. 7 fasc. 13
  • Testo dell'immagine:
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    intaccato la posizione morale; la mentalità di molti di noi. Credetemi, la "cosa pubblica"
    è noi stessi: ciò che ci leha ad essa non è un luogo comune, una parola grossa e vuota,
    come "patriottismo" o amore per la madre in lacrime e in catene vi chiama, visioni baroc-
    che, anche se lievito meraviglioso di altre generazioni. Noi siamo falsi con noi stessi, ma
    non dimentichiamo noinstessi, in una leggerezza tremenda. Al di là di ogni retorica, consta-
    tiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro
    mondo, insomma, che ogni sua sciagura è sciagura nostra, come ora soffriamo per l’estrema
    miseria in cui il nostro paese è caduto: se lo avessimo sempre tenuto presente, come sarebbe
    successo questo? L’egoismo – ci dispiace sentire questa parola- è come una doccia fredda,
    vero?
    Sempre tutte le pillole ci sono state propinate col dolce intorno; tutto è stato am-
    mantato di rettorica; Facciamoci forza, impariamo a sentire l’amaro; non dobbiamo celarlo
    con un paravento ideale, perché nell’ombra si dilati indisturbato.
    E’ meglio metterlo alla luce del sole, confessarlo, nudo scoperto, esposto agli sguar-
    di: vedrete che sarà meno prepotente. L’egoismo, dicevamo, l’interesse, ha tanta parte in
    quello che facciamo: tante volte si confonde con l’ideale. Ma diventa dannoso, condannabile,
    maledetto, proprio quando è cieco, inintelligente. Soprattutto quando è celato. E, se ragioniamo,
    il nostro interesse è e quello della "cosa pubblica", insomma, finiscono per coincidere.
    Appunto per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più
    delicato e importante. Perché da questo dipendono tutti gli altri, me condizioni di tutti gli
    altri. Se non ci appassionassimo a questo, se noi non lo trattiamo a fondo, specialmente
    oggi, quella ripresa che speriamo,a cui tenacemente ci attacchiamo, sarà impossibile. Per
    questo dobbiamo prepararci. Può anche bastare, sapete, che con calma, cominciamo a guardare in
    noi, e ad esprimere desideri. Come vorremmo vivere, domani? No, non dite di essere scoraggiati,
    di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto
    sapere!
    Ricordate, siete uomini, avete il dovere se il vostro istinto non vi spinge ad eserci-
    tare il diritto, di badare ai vostri interessi, di badare a quelli dei vostri figli, dei
    vostri cari. Avete mai pensato che nei prossimi mesi si deciderà il destino del nostro Paese,
    di noi stessi: quale peso decisivo avrà la nostra volontà se sapremo farlw valere; che nostra
    sarà la responsabilità, se andremo incontro ad un pericolo negativo? Bisognerà fare molto.
    Provate a chiedevi in giorno, quale stato, per l’idea che avete voi stessi della vera
    vita, vi pare ben ordinato: per questo informatevi a giudizi obbiettivi. Se credete nella
    libertà democratica, in cui nei limiti della costituzione, voi stessi potreste indirizzare
    la cosa pubblica, oppure aspettare una nuova concezione, più equalitaria della vita e della
    proprirela proprietà. E se accettate la prima soluzione, desiderate che la facoltà di
    eleggere, per esempio sia di tutti, in modo che il corpo eletto sia espressione diretta e
    genuina del nostro Paese, o restringerla ai più preparati oggi, per giungere ad u progres-
    sivo allargamento? Questo ed altro dovete chiedervi. Dovete convincervi, e prepararvi a
    convincere, non a sopraffare gli altri, ma neppure a rinunciare.
    Oggi bisogna combattere contro l’oppressore. Questo è il primo dovere per noi tutti: ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi in modo duraturo, e che eviti il risorgere di essi ed il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su di noi.
    Termino questa lunga lettera un po’ confusa, lo so, ma spontanea, scusandomi ed augurandoci buon lavoro.

Questa lettera è composta da 2 pagine.
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